Fin dal Medio Evo la confraternita di s. Dionigi possiede una sede in cui i confratelli si riuniscono a praticare opere di pietà nell’area dove attualmente sorge il Castello. Al tempo dell’edificazione del Maschio sono costretti a sloggiare e spostano la loro sede dove attualmente sorge la chiesa che nei secoli viene più volte ristrutturata o addirittura rifatta. Fra le missioni assistenziali della confraternita c’è l’accompagnamento al patibolo dei condannati a morte e l’assistenza ai malati. Un dipinto di Bernardo Ferrari, d’inizio Cinquecento, ora in s. Francesco, raffigura i confratelli incappucciati nel saio bianco.
La chiesa attuale è il risultato dell’ultimo rifacimento terminato nel 1751. La notevole eleganza della facciata è impostata sul gioco alternato delle linee concave e di quelle convesse oltre che sulle decorazioni di cornici e formelle. Il campanile della vecchia chiesetta del ‘500, ormai sproporzionato, viene innalzato nel 1830. La cupola sarà aggiunta solo nel 1780.
A fine Ottocento il pittore vigevanese Garberini dipinge a fresco, nei pennoni sottostanti, i santi Pietro (che benedice), Giovanni (con l’aquila), Paolo (che predica), Andrea (che medita) con l’angelo che porta la sua croce. Sulla volta dell’abside gli affreschi narrano episodi dell’evangelizzazione delle Gallie ad opera del santo Dionigi con i compagni Rustico ed Eleuterio.
Sul fondo della chiesa, dietro l’altare, gli stalli in legno intagliato del coro provengono da altri luoghi di culto soppressi ai tempi di Napoleone. Sopra uno dei dipinti più importanti: il grande quadro di Giambattista Crespi, detto il Cerano, sul martirio di san Dionigi.
L’altro capolavoro è il gruppo di sculture lignee del primo Cinquecento, collocato nell’apposita cappelletta, che rappresenta il compianto del Cristo morto.